Croniche dal Cile. Scrite dal'amica nostra Silvia, dale luntane urigini ancunetane. Ancora se ène in itagliano le publicamo uguale perchè è sempre un quadro de un mondo diverzo dal nostro Indice - Dagli Appennini alle Ande - L'arte - I mezzi di trasporto - La moda - Il semaforo
Dagli Appennini alle Ande E cosí dopo un mese di dibattuti pensieri, mi sono ritrovata su un jumbo rotta Santiago de Chile. Il viaggio sembrava non terminare mai e ogni volta che guardavo l´aeroplanino nel televisore che indicava la nostra posizione sopra l´oceano sentivo una emozione forte. Non era solo il senso dell´avventura, era soprattutto sentirmi come forse si puó essere sentito Marco Polo quando intraprese il suo viaggio verso la parte opposta del mondo. La vita ci ha messo in alcune rotte e niente é a caso. Non sapevo che cosa aspettarmi, ma quando vidi dall´alto la Cordillera de Los Andes, capii che non avevo sbagliato. La terra del nuovo mondo, montagne altissime, spoglie, aspre ma allo stesso tempo mi parlavano dritto al cuore. Questo pensai quando mi stavo avvicinando a Santiago e questo mi aspettavo dalle persone. Dopo una settimana ho visto e sentito il nerbo del Chile. Un paese in lotta per la sopravvivenza e la ricostruzione, fatto di divisioni sociali, rivolte, separatismi e tentativi di affermazioni. Non scorderó mai gli sguardi delle donne Mapuche o della povera gente che mi vedeva camminare per le strade. Ho registrato un mondo di privazioni e povertá, ma ovviamente anche di odio per noi europei, soprattutto verso gli ex colonizzatori spagnoli che hanno tolto e dato quello che non era richiesto. Ho visto una cittá ricca, fatta di grattacieli, banche e modernismo. Ma ho anche visto al lato delle strade le favelas dei giardinieri, muratori, operai studenti che lí tornano dopo una giornata di lavoro o studio. Tante diversitá, tutte in lotta. E poi la Santiago "civile", dei golf club, della vita del benessere: ricchezza sfrenata immersa in mezzo alle montagne silenziose che da secoli testimoniano la potenza della natura rispetto alla fugacitá delle opere umane. Il lago Aculeo. Semplicemente un paradiso in terra. Immenso, abitato dalla fauna piú variopinta. Il silenzio. E di ritorno alla metrópoli, i bus, i negozi, la moda, tutto sembra rimasto fermo alla dittatura. Come nella zona centrale della cittá, dove i carri armati ministeriali sembrano custodire un ordine precario e in bilico da anni. E seguo osservando. I visi della gente. Le donne chilene sono dette "faccia rotonda", le Mapuche si distinguono subito per i vestiti tradizionali, i gitani per il colore della pelle, i chileni affermati e i turisti per i dettagli del consumismo. Strano, ma mai avrei pensato che in America, da nord a sud, fosse tanto forte la classe sociale, piú forte del senso político e del sangue. Contano le famiglie e i territori, cosicché mi é sembrato di aver fatto un salto nelle Signorie Medicee e che altro dire, salto nello spazio e nel tempo. Incanta, perché giá so a cosa porta tutto questo, ma mi chiedo anche se il benessere che cercano non sia quello vuoto dal quale noi europei scappiamo. Il Chile mi dicono che sia una terra ballerina in cui le placche si sistemano col passare degli anni. Ancora non ho visto la terra di Patagonia, la valle di Pucón dove riposano gli Dei, ma giá so che lí, nell´immobile evolversi della natura, troveró una risposta a questo mondo che trovo tanto affascinante come anche incomprensibile. Silvia Accoroni |