Emilio mentre 'sagia se 'l vì è bono

 

In via Villafranca, a destra del Palazo de

Piaza Roma, c'era la traturia de Emilio

Emilio "Genio del brodetto e poeta dello stoccafisso"

di Turno Schiavoni  -  dal volume "Teatro"

 

Quando la nustalgia d'Ancona mia

me slanguidisce el core,

e per vedéla solo pr'un par d'ore

nun sò cusa farìa,

sochiudo 'i ochi, e cun la fantasia

galopo a qui da te...

 

« ... To!, guarda chi se vede!

Hai fame?, hai fame?, su metete a sede.

Te dàgo 'na bragiola

Che 'sghiza el zangue come 'na canèla ?

Scampi ? , calamareti ?

Quatro sardoni freschi a scotadeti

che sprufuma più pegio de na rosa ?

Cel zò che te vuristi 'n'antra cosa,

ma ogi è lunedì;

el stucafisso el fàgo al venardì.

E venardì n'ho fato 'na mastela,

un buzigo, un quintale!

Se sentiva l'udore a Palombela.

Ce n'èra da spregasse pr'un maiale:

Avé saputu te l 'avrìa lasciato...

Me c'è rimasto solo stu brodeto :

adesso adesso s'è fenito a coce;

nun te fa vede, magna sotovoce

che nun c'è scrito manco in tel menù... »

Te parli... parli... Io pro nun sento più

perché ho già preso el piato, l'ho guantato

e po' ciò fato drento un bel zucheto!

Quel'udore de l'onto m'intuntisce:

ogni pezo de rospo o d'uchialina

che inghioto e mando giù, me stremulisce,

me trema ancora el filo dela schina.

 M'impastrochio de sciugu la gravata,

me sbrodolo, me sghizo la giacheta,

me ciciu i labri e i deti unu per unu,

nun me ne frega gnente de nisciunu!

E mastigando quela roba bona,

me par da mastigàme tut'Ancona!!

 

... Eco, miglio, perché

quando la nustalgia d'Ancona mia

me slanguidisce el core,

e per vedéla solo pr'un par d'ore

nun sò cusa farìa,

sochiudo 'i ochi, e cun la fantasia

galopo a qui da te...

Emilio

"Lo stoccafisso che ... puzza"   di Sanzio Blasi

 

Tra le più rinomate trattorie di Ancona per lo stoccafisso all'anconetana, c'era quella di Emilio in via Villafranca, esercizio a tutt'oggi esistente, gestito dalla figlia, la brava signora Alberta, e la cui gestione è iniziata nel 1929, l'anno del nevone.
Appena arrivato il fascismo in Ancona si notarono subito i soggetti più tendenti, per "complescion" (come esattamente precisano i nostri campagnoli), alla ragione della forza, che alla forza della ragione; li chiamano anche soggetti "levarecci" ossia facili a levarsi all'ira.
Nella trattoria di Emilio entra un gerarca impettito, la cui sfolgorante divisa di parata non lo rendeva certamente proclive all'umiltà, accompagnato da una sua amica. L'ora è un po' tarda e già clienti abituali incominciano a lasciare i tavoli.
Emilio non si muove dal suo scrittoio chiuso intorno, dove abitualmente segna le vivande che escono dalla cucina e compila i conti ad ogni cliente che lo richiede.
Il cameriere si premura di sbrogliare un tavolo e lo assesta per il nuovo arrivato di riguardo. Dicono subito che non desiderano una prima portata, ma preferiscono attaccare subito un'abbondante porzione del tanto famoso stoccafisso di Emilio.
É necessario far notare che Emilio per sua natura era tutt'altro che umile e se ne guardava bene dal poter essere tacciato di servilismo. Per questa sua natura non si muoveva dal suo sgabuzzino chiuso in basso ed aperto in alto, ed il cliente doveva trattare soltanto con il cameriere.
Subito viene servito lo stoccafisso che ce n'era sempre anche per la sera. Poco dopo il gerarca impettito, con la sua aria abitualmente autoritaria, dice al cameriere di chiamargli il proprietario.
Emilio, prima di alzarsi dal suo sgabuzzino donanda al cameriere: "ma se pole sapé cusa vole da me custù..."
"Nun ce' l zo... ma si è che nun me sbaju... me pare d'avé capitu che el stucafisu nun jà gusta tantu..." risponde il cameriere, ed Emilio aggiunge: " Ah minchió!... incominciamu bé... è lagni piculi sci..."
Come Emilio si avvicina al tavolo, il gerarca lo investe: "Voi avete una fama usurpata. Tanti elogi per questo stoccafisso e poi vi permettete di servirlo
ai clienti così puzzolente..."
Emilio all'istante diventa pallido per trattenere l'ira immediata che lo coglie e con uno sforzo di volontà per mantenersi calmo, risponde: "Ma prima di dire che puzza, ci pensi bene... E lei signorina cosa ne pensa?... Ancora a lei jé pare che puza?..."
La signorina pronta chiarisce che il suo piatto è ottimo.
"E alora, aggiunge Emilio, si è cotu tutu ntun tegame, come fa a puzà una porzione sola?..."
Il gerarca non è abituato ad essere contraddetto ed ordina ad Emilio di riprendersi il piatto che puzza...
"Ma sa cusa jé digu iu?... che sarà lei... che puza e no el stucafisu miu..."
A questa frase ingiuriosa l'altro scatta in piedi ed ammolla un pugno a chi ha osato insultarlo. Emiio reagisce immediatamente e dal parapiglia che nasce a stento i presenti riescono a separare i contendenti.
L'esercizio fu punito con la chiusura per tre giorni e tutt'Ancona parlò dell'ardimento di Emilio che rnn tollerava "zepe" da nessuno.

 


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